PRO LOCO
ALTESSANO - VENARIA REALE APS

Il Torrente ed il Canale Ceronda

Il bacino del Ceronda

Il bacino del Ceronda è compreso tra le conoidi fluvio-glaciali della Dora Riparia e della Stura di Lanzo, un territorio con superficie di quasi 170 km2. La testata del bacino è impostata su rilievi affacciati sulla pianura torinese che culminano nei monti Druina (1.516 m s.l.m.), Colombano (1.658 m s.l.m.) e Arpone (1.600 m s.l.m.). La porzione montana (circa la metà del bacino) è drenata, oltre che dalla Ceronda, dal torrente Casternone1 , suo principale affluente. Le valli sono brevi e ripide, soprattutto nelle testate e le precipitazioni medie annue vanno da oltre 1.300 mm in montagna a 1.000 mm in pianura. Il Ceronda confluisce nella sua sezione terminale, nel comune di Venaria reale, nella Stura di Lanzo. In origine, il nome di questo corso d’acqua era forse “Clara Onda”, cioè “Chiara Acqua” dal latino; infatti i primi insediamenti umani lungo il suo alveo, di cui si ha una qualche testimonianza, sono romani. In seguito, in età medievale, è avvenuta la fusione tra le due parole in “Claronda”, poi in “Chiaronda”, come risulta dagli scritti del Castellamonte, dedicati a Carlo Emanuele II, riguardanti il progetto della Reggia di Diana in Venaria. Da allora il toponimo si è modificato nell’attuale “Ceronda” attraverso il dialetto piemontese “Ciaira Onda”. Il Ceronda non solo costituisce un interessante sistema naturale biologico e morfologico, ma assume anche valore storico e paesaggistico. Scrive infatti il CASTELLAMONTE: “…il fiume Chiaronda scorre…rapido con acque che non mentiscono il proprio nome e ben lontano da apportarvi alcun incomodo rende anzi a tutto il sito delitia e vaghezza…”. (Fonte: AA.VV., Bacino e reticolo idrografico del Ceronda, Provincia di Torino, Collana ambiente 6, 2000)

Per compensare la città di Torino della perdita della capitale, il Parlamento, con Legge del 18/12/1864, mise a disposizione della città una rendita annua di £ 300.000, affinché potesse dotarsi di un nuovo canale generatore di forza motrice2.

Furono presentati otto progetti tra i quali venne scelto quello dell’ing. Borella denominato “Il canale della Ceronda”. All’epoca i torinesi così commentavano: “Quelli là credono di lavare con un po’ d’acqua della Ceronda il sangue di settembre…” riferendosi ai moti torinesi del 1864, per il passaggio della capitale da Torino a Firenze3. Tuttavia soltanto con la realizzazione del Canale della Ceronda prese avvio lo sviluppo industriale, vero e proprio, di Torino.

Il “Canale della Ceronda” aveva una portata di 4.000 litri/minuto (incrementata dal “Canale delle Acque Chiare”, una captazione in sub-alveo della destra dello Stura che scorreva lungo la ferrovia e attraversava con un sifone l’alveo del Ceronda per immettersi nell’omonimo canale poco a valle della stazione ferroviaria) e sviluppava, in origine, 849 H.P. con il suo ramo di sinistra e 854 H.P. con quello di destra. Un totale cioè di 1.703 H.P. che tennero a battesimo l’industria torinese e mutarono la vita e l’aspetto non solo del Borgo Dora torinese, ma di tutta la città.

 

 

1L’origine del termine “Casternone” deriva forse da “castrum nomun” perché il suo corso passa presso il sito in cui sorgeva, in Val della Torre, un antico castello, già presente in epoca romana. La valle del Casternone era anche detta Orsa o Briona per l’antica presenza di orsi nella valle o del monastero di Brione.

2Il Governo del Re (Legge 18 dicembre 1864), in occasione del trasporto della Capitale a Firenze, metteva a disposizione del Municipio di Torino un’annua rendita di £ 300 mila all’oggetto di fornire la città di una condotta d’acqua per forza motrice. L’opera che eseguì, dietro progetto dell’ing. commendatore Borella, modificato dall’Ufficio d’arte, fu il canale della Ceronda derivato dal torrente di tal nome presso la stazione di Venaria Reale, qual canale esisteva già per il servizio del molino di Altessano, e scaricavasi in Stura, soppresso il molino, ingrandito il canale e la diga di presa, venne condotto a Torino a beneficio della sua industria. Giunto presso il Martinetto il canale si divide in due rami, destro e sinistro; l’uno si volge a notte della città sulla sinistra della Dora, e termina nel canale del Parco, l’altro percorre il Borgo S. Donato, i viali Principe Eugenio, S. Maurizio e va a scaricarsi nel Po. Su questi canali s’impiantano molti opifizi, e con essi si accrebbe la forza di antichi stabilimenti della città, fra cui la fabbrica di canne”.

3FALZONI G., 1998. Torino industriale: il miracolo della Ceronda. Il sogno, bimestrale del Cenacolo Culturale dell’A.V.T.A. 2/2-3: 1 – 5. Venaria Reale (TO).