PRO LOCO
ALTESSANO - VENARIA REALE APS

Itinerario Storico: La Corona Verde

Inizio: Cappella di S. Marchese (G5)

Termine: Movicentro di Venaria Reale (D3)

Percorso non adatto a diversamente abili in carrozzina. 

Ci troviamo sulla pista ciclabile che costeggia il lato destro dello Stura. La percorreremo in senso opposto allo scorrere del fiume per raggiungere il Movicentro sito nella stazione ferroviaria.

Alla nostra destra il fiume Stura e appena partiti passiamo davanti ai ruderi di quello che era il ponte che collegava Altessano Inferiore poi dal 1848 solo Frazione di Venaria Reale con il comune di Borgaro. Il 14 luglio 1973, a causa di una esondazione questo ponte in muratura “crollò. Ci furono 4 morti: un’auto fu inghiottita nell’alveo del fiume Stura.

 

Siamo nella zona ove sorgeva il vecchio porto. Era composto da un casotto per il “portinaio”, tre barche, alcuni barchetti, due ponti mobili ed altre strutture fisse che, dietro versamento di un pedaggio, consentivano il trasferimento da una riva all’altra delle persone, del bestiame e delle merci, provenienti da Torino e diretti nel Canavese e nelle Valli di Lanzo e viceversa.

In mancanza di un ponte fisso, non realizzato per il carattere torrentizio della Stura e la conseguente instabilità del suo tracciato, dettata dalle frequenti piene e dalle numerose esondazioni, l’attraversamento era garantito da una zattera, mossa da lunghe pertiche ed assicurata con un argano a due cavi paralleli, tesi attraverso il corso del fiume.

Ai due estremi del percorso, rispettivamente nel territorio di Altessano Inferiore e di Borgaro, erano collocati in un’osteria, attiva fino agli anni 60 del Novecento, e un posto tappa, munito di stanze, per i viandanti costretti a trascorrere la notte in attesa della prima traversata del mattino. Questo posto tappa oggi è ancora attivo come ristorante ed gestito dal 1927 dalla famiglia Serta Gobetti.

Il Porto di Altessano sorse in epoca antica per sopperire alla mancanza di vie di comunicazione alternative. Sulle mappe del ‘600 e ‘700 è rappresentato secondo una simbologia ricorrente, costituita da una o due barche collegate alle sponde del fiume da una fune, perpendicolare al corso di scorrimento delle acque.

Esso rappresentò per il XVIII e il XIX secolo una fonte cospicua di reddito derivati dal pedaggio per il transito, prima per i Provana e successivamente per i Barolo.

La zona è caratterizzata da numerose piene che hanno interessando ampie aree coltivate, provocarono danni ingenti all’agricoltura, ricoprendo i campi di sassi ed arene e rendendoli sterili e poco produttivi.

Alle distruzioni del 1736 si aggiunsero, a breve distanza quelle del 1748 che, colpendo 83 giornate di terra nella regione di Altessano, costrinsero ad approntare nuovi argini e ad eseguire opere di bonifica per il recupero dei terreni coperti dalle acque, oltre a rendere necessaria la ricostruzione della cappella di San Marchese, edificata nel 1752.

Il Porto venne affidato in gestione, nel 1772 dal marchese Gerolamo Giuseppe Falletti Langosco di Barolo a Michele Basoletto, “per esigere li diritti nel modo sinora praticato delle persone transitanti sopra il porto predetto e a termini della tariffa Camerale delli 4 Aprile 1772”.

Nel 1822, venne costruito un ponte in muratura tre campate, ma il carattere irruente della Stura non risparmiò la nuova costruzione che, distrutta una prima volta a metà Ottocento e ricostruita in muratura a quattro campate, tra il 1852 e il 1853, su progetto di Carlo Mosca, architetto di diversi ponti torinesi, fu definitivamente colpito da una piena il 14 luglio del 1973, a seguito della quale non venne più ricostruito.

 

Proseguendo sulla sinistra sull’attuale “Centro Sportivo Campi da calcio Don Giacomo Mosso” sorgevano “le Casermette”.

La regia Aeronautica Militare fa costruire, nel 1939 sul territorio di Altessano, tra la strada San Marchese e la Stura di Lanzo, dei baraccamenti in legno per il ricovero degli avieri di stanza all’aeroporto militare di Venaria Reale. È il primo insediamento delle cosiddette “casermette” che tanto hanno caratterizzato la vita di Altessano.

Nel 1941, le casermette di Altessano si ampliano. Vengono costruiti dalla ditta Ing. Voglino, 6 nuovi edifici in muratura, per accogliere nuovi battaglioni militari.

Poiché la chiesa di San Lorenzo ostruita all’inizio del ‘900 non aveva ancora il campanile, il parroco don Mosso fece un accordo con l’ing. Voglino: la costruzione del campanile in cambio dell’ospitalità agli operai del cantiere presso i locali della parrocchia.

I lavori per l’erezione del nuovo campanile iniziarono nell’agosto del 1941 sul progetto che l’ing. Gallo aveva steso nel 1902 in occasione della chiesa parrocchiale di Altessano. Il campanile venne benedetto e inaugurato il 19 ottobre 1941.

Nell’immediato dopoguerra le casermette saranno abitate da sfollati e successivamente da immigrati attirati dal lavoro alla SNIA Viscosa. I sei padiglioni non bastarono più ad accoglier i nuovi arrivati e si cominciò a costruire a ridosso del muretto di cinta. Sorsero così baracche e casupole, si incominciò ad occupare anche il grande prato centrale. Nessuno interveniva, ciascuno era padrone di occupare un terreno non suo, eravamo fuori di ogni legge da ogni controllo.

Gli immigrati si stabilirono a Venaria perché a Torino non trovavano alloggio o non potevano pagare affitti troppo cari; molti si sistemavano in questi alloggiamenti provvisori. Solo nel 1970 le Casermette di Altessano furono demolite e gli occupanti furono trasferiti alle case popolari delle Vallette ed alla Falchera.

 

Oltre il centro sportivo sulla destra si incontra un’attività produttiva di estrazione sabbia dal fiume Stura ora dismessa. Sempre da quel lato si incontrano i pozzi d’acqua dell’acquedotto di Torino. La città di Torino, all’inizio del ‘900, per far fronte alla carenza sistematica di acqua potabile è costretta a potenziare il prelievo di acqua dai pozzi ubicati nel territorio di Venaria Reale e sollecita gli studi per portare l’acqua dal Pian della Mussa in alta Valle di Lanzo.

L’acquedotto del Pian della Mussa sarà messo in funzione solo negli anni venti e avrà uno sviluppo di 50 Km. A Venaria l’acqua del Pian della Mussa viene miscelata con quella dei pozzi già da tempo funzionanti a Venaria.

 

In questo tratto si costeggia il canale Ceronda.

Il Canale Ceronda fu il canale industriale torinese per antonomasia. Venne istituito con Regio Decreto nel 1869 per promuovere lo sviluppo dell’industria in città dopo il trasferimento della Capitale. L’opera venne finanziata con una legge che prevedeva interventi per far fronte ai danni economici che il futuro trasferimento della capitale a Firenze avrebbe causato alla città.

Progettato dall’ingegner Edoardo Pecco (1823-1886) e dall’architetto Candido Borella (1826-1904), il nuovo canale prese il nome dal torrente Ceronda, da cui nasceva presso Altessano, a nord della città; di qui scendeva fino alla zona di (Lucento), dove, in via Pianezza 107, venne costruita la Casa del Partitore, punto in cui il canale si divide in due rami:

– Il sinistro (costruito tra 1869 e 1871) si manteneva a nord della Dora Riparia, corre lungo via Verolengo, via Giachino, corso Mortara, via Cecchi e lungo Dora Firenze, per scaricare nel canale del Regio Parco (che scorreva nelle vicinanze dell’attuale omonimo corso) e poi nella Dora;

– il destro (aperto tra 1871 e 1873) attraversava la Dora con un ponte-canale, dei giardini di corso Calabria, e prosegue lungo via San Donato, (dava moto alle manifatture di via San Donato) proseguiva in corso Regina Margherita, corso San Maurizio, via Artisti e scarica nel Po. Dava moto alle manifatture di via San Donato, quindi proseguiva per corso Regina Margherita, corso San Maurizio, via Artisti fino a gettarsi nel Po.

 

Proseguendo verso ovest si attraversa una ampia zona costituita da verde pubblico, “La Corona Verde”, che fa parte di un territorio molto più ampio che comprende diversi comuni dell’Area Metropolitana di Torino. L’area compresa tra la tangenziale e la ferrovia è stata, nel 2008 valorizzata con la realizzazione di piste ciclabili, percorsi ginnici attrezzati aree picnic e aree di sosta.

 

Giunti alla fine della Corona Verde si sale verso la piattaforma del Movicentro, area di interscambio dove lasciare veicoli e proseguire con il treno verso le valli o la città di Torino. Qui si conclude l’itinerario.

 

[Testi di Alessandro Cappelletto, Atelier della Storia Venariese – Settembre 2022]