PRO LOCO
ALTESSANO - VENARIA REALE APS

La “Galopada” Reale

Il Viale

Davanti alla casa dove sono nato e dove sono tornato ad abitare dopo 40 anni, c’è sempre stato un viale di ippocastani. Piante robuste e con una chioma di rami fitta e benfatta. Noi la chiamavamo la “leja” e la sua storia aveva più di cent’anni.

Quando ero piccolo, in primavera, al mese di maggio, dalle foglie cadevano giù i maggiolini. Mentre andavo a scuola ne raccoglievo due o tre, li nascondevo in tasca per poi farli volare durante la lezione, con grande paura delle mie compagne e disperazione della maestra.

Quel giorno entravo così a far parte anch’io del gruppo dei discoli della classe.

Diventato un più grande, facevo scaletta con le mani tra amici, per arrampicarmi su quegli alberi e cercare i nidi dei cardellini.

I primi appuntamenti, i primi batticuori con qualche ragazza che cominciava a interessare, sono avvenuti all’ombra di questi alberi, che di sera erano anche il posto preferito dagli innamorati.

C’erano anche le panche di pietra, dove d’estate la gente si sedeva volentieri alla sera per chiacchierare e prendere una boccata d’aria fresca.

Al mattino presto, prima che uscisse il sole, un concerto di voci di tutte le varietà di uccelli, mi dava l’alzata e il buondì più armonioso e naturale del mondo.

Con questo quadro sempre davanti agli occhi, intanto gli anni passavano anche per me. Ma un bel giorno i responsabili del Comune hanno deciso che questi alberi andavano buttati giù tutti, per fare posto ad altri nuovi: quelli, dicevano, erano vecchi e malati.

Sebbene in tanti anni non avessero mai provveduto a ripiantarne altri al posto di quelli malati o a potare come si deve quelli sani.

Purtroppo era vero. Dopo un po’ di tempo, con dei macchinari e mezzi moderni, hanno cominciato a tritare i rami, tagliare i fusti e sradicare i ceppi. In una settimana banno fatto piazza pulita di tutti gli alberi.

II “Viale della galoppata”, che all’epoca dei Re vedeva passare le carrozze con i cavalli che correvano a spron battuto per entrare in Venaria e andare al Castello, era sparito. II vuoto che è rimasto mi ha fatto male: come mi avessero dato un pugno nello stomaco. I miei occhi continuavano a cercare quello che non potevano più trovare.

Sarà perché avevo già raggiunto una certa età, ma di colpo mi sono sentito vecchio, deluso, stanco, e arrabbiato. Ma quest’anno, all’inizio della primavera, quando già cominciavo a disperare sul proseguimento dei lavori, è arrivata una squadra di operai che con esperienza hanno provveduto a rimettere altre piantine nuove, sempre ippocastani, ma di una qualità diversa, fatte arrivare dalla Toscana.

Faceva effetto a guardarle e constatare quanto erano piccole, deboli, sostenute da paletti di legno, a confronto con quelle vecchie, grandi e robuste.

Ma una mattina che mi ero alzato presto, ho attraversato la strada per andarle a vedere da vicino e ho visto che dalle gemme erano già uscite le prime foglie.

É stata una bella sorpresa, che mi ha convinto a mai disperare, ad aver fiducia nella natura ed anche negli uomini, quando lavorano con passione e buona volontà.

 

Felice Bertolone, memoria storica di Altessano, 2000

 

Fonte: Bertolone F., Autsan mè pais, Stampato in proprio, 2021