PRO LOCO
ALTESSANO - VENARIA REALE APS

La SNIA Viscosa

Operai della SNIA

Con l’affermazione della Snia Viscosa a Venaria Reale, si assistette, a partire dalla metà degli anni Venti e per tutti gli anni Trenta del secolo scorso, a una prima grande ondata migratoria, quella dal Triveneto, dove funzionari dell’azienda ingaggiavano, si può dire in massa, famiglie di contadini cadute in miseria in conseguenza della prima guerra mondiale (una seconda ondata si verificherà – com’è noto – negli anni Cinquanta e Sessanta dalle regioni meridionali, ma con carattere meno organizzato e massivo).

Venaria veniva loro rappresentata come una nuova America: la possibilità di emergere da una povertà endemica.

La realtà fu più dura delle aspettative, per la fatica e i disagi di un lavoro troppo spesso nocivo a causa del solfuro (il cui odore era parte integrante dell’”atmosfera” di Venaria), e, almeno nei primi tempi, per la scarsa simpatia riservata dai residenti agli immigrati.

Ma i «veneti», come venivano un po’ sbrigativamente chiamati, erano lavoratori tenaci e, grazie soprattutto al villaggio delle Case Operaie appositamente costruito, seppero stringersi fra di loro e, col tempo, aprirsi al nuovo ambiente, quello dei «piemontesi».

E le loro famiglie numerose, poi, dettero un impulso demografico notevole alla popolazione locale.

Un’epoca che ormai pare lontana anni luce, ma il ricordo è ancora vivo.

Gli abitanti di una certa età hanno sicuramente impresso nella memoria il suono roco della sirena dello stabilimento di Via Cavallo, che dalla mattina presto alla sera tardi scandiva gli orari di inizio e fine turno di lavoro, e le “processioni” di operaie e operai che entravano e uscivano dallo stabilimento, come pure da quello di Altessano, chiacchierando anche rumorosamente lungo la strada.

I divertimenti non mancavano, pur se pochi. La sosta all’osteria del «Valentino» per gli uomini che indulgevano al vino e, per tutti, il ballo, praticato in vari locali, che permetteva ai «foresti veneti» di familiarizzare anche con i più riservati «piemontesi» e coi militari di stanza nelle caserme cittadine.

Di qui matrimoni misti, e pure qualche figlioletto di padre ignoto. Tuttavia, nonostante il pesante lavoro, c’era tanta allegria (com’è stato testimoniato) ad alleggerire una vita condivisa nei cortili del villaggio.

E non bisogna dimenticare, d’altra parte, quanto l’azienda faceva per i suoi dipendenti: oltre alle Case Operaie, con annessi bagni e lavatoio, anche i soggiorni montani per la salute degli operai, le pensioni integrative, lo spaccio alimentare, il Cral per il tempo del dopolavoro, le colonie alpine e marine, gli asili nido e i pacchi dono di Natale per i bambini, e altro ancora. La Snia, dunque, faceva parte della vita quotidiana di molte famiglie di Venaria e Altessano che avevano almeno un parente alle sue dipendenze.

Ormai i due stabilimenti hanno chiuso da anni, ma proprio per questo è particolarmente prezioso il ricordo della presenza di questa imponente azienda sul territorio cittadino.

 

Luciano De Biasi, latinista, storico e pubblicista venariese
(Fonte: AA.VV., C’era una volta …la SNIA, Ed. Pro Loco , Venaria Reale, 2015.)