Il talento pittorico di Lorenzo si mostra sin dalla giovinezza, con i primi schizzi sui diari del liceo e i disegni di paesaggi rurali siciliani, la campagna con le sue rovine. Solo in età adulta, quando ormai è marito, genitore di tre figli e lavoratore, ha canalizzato il suo dipingere nella natura morta iperrealistica. Agli occhi di chi non lo conosce le sue opere sono sfarzo di perfezionismo, di tecnica, di studio minuzioso della tavolozza dei colori. Quello che non sa, però, è che dietro a ciliegie traboccanti, copiosi grappoli d’uva, ciotole colme di caramelle, la sua anima è ancora rivolta al desiderio infantile di abbondanza. Mio padre nasce e cresce nella Canicattì degli anni ‘60, dove la maggior parte dei suoi abitanti o coltiva la propria terra o quella di altri concittadini, spesso vivendo di stenti. Osservando con segreto desiderio le ricche vetrine delle pasticcerie, i carri pesanti dei raccolti delle campagne, le strabordanti dispense dei più benestanti, sogna il riscatto sociale e ambisce l’abbondanza. Così i colori ad olio si uniscono al desiderio, le coppe sono cariche di ciliegie, le caramelle cadono dal recipiente come a voler entrare nelle sue tasche, la natura sfavilla tra scorci di cielo azzurro, i fiori esplodono di luce.

Sembra di essere in Sicilia, pare che tutto voglia essere preso, afferrato. La grandezza delle tele simula il possesso dell’oggetto dipinto e l’anima ne gode la proprietà. Guardare i suoi quadri provoca un senso di pienezza e sazietà, si riesce a cogliere quel senso di abbondanza a cui da piccolo aspirava e che, in pieno accordo con lo spiritò di ospitalità della gente del Sud, viene condivisa con gli amici, con la famiglia, con l’ospite. Entrare in una stanza piena delle opere dell’artista è come entrare a casa di altri e vedere una coloratissima tavola imbandita di cibarie, ornata di fiori, immersi nella natura, sotto il cielo azzurro, invitati a sedersi e a godersi la bellezza e l’abbondanza della vita.